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Archive for gennaio 2009

>Intervista a Francesco Pazienza

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>Il personaggio. Dopo 13 anni di carcere parla Francesco Pazienza
L’uomo dei misteri d’Italia rivela: lingotti per aiutare Walesa

“Io, Gelli e la strage di Bologna”
Ecco le verità della super-spia

di MILENA GABANELLI

"Io, Gelli e la strage di Bologna" Ecco le verità della super-spia

Francesco Pazienza

“Che fine ha fatto?” mi chiedo guardando la foto su un catalogo che sto per buttare. Il suo nome era comparso sui giornali nel 1982 con la qualifica di “faccendiere”. Le ultime tracce le trovo su internet: uscito dal carcere di Livorno, sta scontando gli ultimi mesi di pena presso la Pubblica Assistenza di Lerici. Francesco Pazienza ha scontato 10 anni per depistaggio alle indagini sulla strage di Bologna, altri 3 per il crac Ambrosiano e associazione a delinquere. Amico di Noriega, frequentatore dei servizi segreti francesi, americani e sudamericani, nel 1980 è a capo del Super Sismi.

Braccio destro di Licio Gelli, il suo ambiente è il sottobosco di confine fra l’alta finanza e l’alta criminalità, l’alta politica e il Vaticano. Protagonista delle vicende più tragiche della storia italiana degli anni ’80, è depositario di informazioni mai rivelate, altre raccontate a modo suo. Laureato in medicina a Taranto, non ha mai indossato un camice. Negli anni ’70 vive a Parigi e fa intermediazioni d’affari per il miliardario greco Ghertsos. Poi l’incontro con il capo del Sismi, Santovito. Grandi alberghi, yacht, belle donne, sigari rigorosamente cubani e tagliasigari d’oro… Un’altra epoca. Adesso ha 62 anni e fuma le Capri, mentre cammina da uomo libero sul lungomare di Lerici.

Cominciamo dall’inizio: come avviene l’incontro con Santovito?
“Me lo presentò l’ingegner Berarducci, oggi segretario generale dell’Eurispes. Santovito era suo zio, e mi chiese di fare il suo consulente internazionale”.

E perché Santovito le dà questo incarico senza conoscerlo prima?
“Sa, io parlavo diverse lingue e avevo un sacco di relazioni in giro per il mondo. Normalmente non avviene così, ma all’epoca era quasi tutto improntato all’improvvisazione”.

E in cambio cosa riceveva?
“Rimborso spese. Siccome non avevo bisogno di soldi, era quello che volevo: se volevo andare a New York in Concorde, andavo in Concorde. Mi sembrava tutto molto avventuroso”.

Si dice che lei sia stato determinante nella sconfitta di Carter contro Reagan.
“La storia comincia con Mike Ledeen a Washington, che mi aveva presentato Santovito; lui dirigeva il Washington Quarterly e faceva capo ad una lobby legata ai repubblicani (e alla Cia-ndr). Così gli dico: “Guarda che quando c’è stata la festa per l’anniversario della rivoluzione libica, il fratello di Carter ha fraternizzato con George Habbash”, che era il capo del Flp. E a quel punto disse: “Se tu mi dai le prove , noi possiamo fare l’ira di Dio””.

E le prove come se le era procurate?

“Attraverso un giornalista siciliano, Giuseppe Settineri, che io mandai con un microfono addosso ad intervistare l’avvocato Papa, che faceva il lobbista e aveva partecipato alla festa di Gheddafi. Lui raccontò per filo e per segno tutto quello che era successo. Le foto dei festini me le avevano fornite Michele Papa e Federico Umberto D’Amato, la testa degli affari riservati del Viminale”.

Il Viminale ha dunque interferito nelle elezioni di un paese alleato?
“Sissignore, però la débacle ci sarebbe stata ugualmente, ma non in misura così massiccia”.

Lei, che non è un militare, diventa capo del Super Sismi. Cos’era?
“Il Super Sismi ero io con un gruppo di persone che gestivo in prima persona”.

Marzo 1981, le Br sequestrano l’assessore campano Cirillo. Lei che ruolo ha avuto?
“Un ruolo importante. Fui sollecitato da Piccoli, allora segretario della Dc. Incontrai ad Acerra il numero due della Nuova Camorra Organizzata di Cutolo, Nicola Nuzzo. Mi disse che in dieci giorni Cirillo sarebbe stato liberato, e così è stato”.

Chi ha pagato?
“Non i servizi. Il giudice Alemi disse di aver scoperto che furono i costruttori napoletani a tirar fuori un miliardo e mezzo di lire, che finirono alle Br”.

Piccoli cosa le ha dato per questa consulenza?
“Niente, assolutamente niente, eravamo amici, non c’era un discorso mercantilistico”. (Del miliardo e mezzo, alle Br finiscono 1.450 milioni. Chi ha imbustato i soldi del riscatto sarebbe Pazienza, che, secondo vox populi, avrebbe taglieggiato le Br tenendo per sé 50 milioni).

A gennaio 1981 sul treno Taranto-Milano viene piazzata una valigia con esplosivo della stessa composizione di quello usato nella stazione di Bologna… Ci sono dei documenti intestati a un francese e un tedesco, indicati dai servizi come autori di stragi avvenute a Monaco e Parigi. Si scoprirà poi che si trattava di depistaggio.

“Il depistaggio è stato fatto dal Sismi per non fare emergere la vera verità della bomba di Bologna. Secondo l’allora procuratore Domenico Sica c’era di mezzo la Libia, e coinvolgerla in quel momento avrebbe voluto dire tragedia per la Fiat e per l’Eni. Vada negli archivi delle sedute parlamentari: il 4 agosto 1980, Spadolini in persona presentò un’interrogazione parlamentare in cui attribuiva la bomba di Bologna a origini straniere mediorientali”.

Ma qual era l’interesse mediorientale?
“L’Italia non poteva sottrarsi agli obblighi Nato, e quindi doveva fare un accordo con Malta, per proteggerla in caso di attacchi del colonnello Gheddafi. L’accordo fu firmato, e Gheddafi fece la ritorsione. Ustica porta la stessa firma. Me lo ha raccontato Domenico Sica. Quando tolgono il segreto di Stato la verità salterà fuori”.

Lei è stato condannato a 10 anni per depistaggio, qualche prova a suo carico evidentemente c’era, i servizi segreti li comandava lei.
“Le prove a mio carico erano dovute al fatto che sono stato il braccio destro, mandato dagli americani, per sostituire Licio Gelli alla guida della P2. E siccome Gelli era il motore primo del depistaggio, io che ero il suo braccio destro, automaticamente…”.

Quando è scoppiata la bomba a Bologna dov’era?

“A New York”.

84 morti e 250 feriti, nel suo paese. Lei è consulente del Sismi, non ha pensato: “Adesso bisogna trovare chi è stato”?
“Io no. Perché non è mio compito. I servizi segreti sono come un’azienda. Giusto? Se tu ti occupi di una cosa, non è che dici “adesso parliamo di Bologna, parliamo di Ustica”…”.

1982. Calvi viene impiccato sotto un ponte. Si è parlato di un suo coinvolgimento.
“Sì, e qual era il mio interesse? Io non sono stato mai neanche indagato nell’omicidio Calvi. La sua morte è un mistero anche per me, comunque non si uccide Calvi a livello di Banda della Magliana… E non mi venga a dire che l’MI5 non sapesse che Calvi si trovava a Londra da giorni! I giochi di potere erano molto più grossi. Capisce cosa voglio dire?”.

No.
“La morte di Calvi e lo scandalo del Banco Ambrosiano avrebbero imbarazzato pesantemente il Vaticano, che insieme all’Arabia Saudita voleva Gerusalemme città aperta a tutte le religioni, e Israele era contrario. Poi c’era lo scontro politico interno italiano, c’erano i comunisti, che hanno preso una valanga di soldi dal Banco Ambrosiano. Non è così semplice dire è A, B o C”.

Di chi erano i soldi che andavano verso la Polonia?
“Arrivavano dai conti misti Ior-Banco Ambrosiano. L’organizzatore era Marcinkus d’accordo con papa Wojtila. Sono stato io a mandare 4 milioni di dollari in Polonia”.

Ma come ha fatto tecnicamente?
“Vicino a Trieste, abbiamo fatto preparare una Lada col doppio fondo e dentro c’erano 4 milioni di dollari di lingottini d’oro di credito svizzero. Era aprile 1981, un prete polacco venne a ritirare questa Lada e la portò a Danzica. Qual era il discorso? Agli operai in sciopero non potevamo dare gli zloty, né i dollari perché i servizi segreti polacchi se ne sarebbero accorti. Anche perché lei può fare il patriota come vuole, però se a casa ha 4 bambini e non ha come farli mangiare, lo sciopero non lo fa. Giusto?”.

Ma lei perché si portava su un aereo dei servizi segreti un ricercato per tentato omicidio, braccio destro di Pippo Calò, capo della banda della Magliana?
“Lei sta parlando di Balducci. Io sapevo che era uno strozzino, ma non è mai salito su un aereo dei servizi. Usava lo pseudonimo di Bergonzoni e una volta lo feci passare a Fiumicino mentre proveniva da Losanna. Era un favore che mi chiese il prefetto Umberto D’Amato, suo amico intimo”. (Per questo “favore” Pazienza fu condannato per favoreggiamento e peculato: fu accertato che aveva trasportato, su un aereo dei servizi , il latitante Balducci sotto falso nome).

Nell’84 lei deposita da un notaio un documento intitolato “operazione ossa”. “Ossa” starebbe per Onorata Società Sindona Andreotti. Che cos’era?
“All’epoca c’era il pericolo che Sindona potesse inventare dei coinvolgimenti di Andreotti in questioni di crimini organizzati. Bisognava capire cosa volesse fare Sindona per tirarsi fuori dai guai prima di rientrare in Italia quando si trovava nel carcere americano di New York”.

Ci siete riusciti?
“Non c’è stato bisogno di fare nessuna misura attiva, ne abbiamo fatta una conoscitiva”.

La misura attiva qualcuno l’ha fatta quando è finito nel carcere italiano…
“Qui parliamo del 1986. Nel carcere italiano ha bevuto un caffè di marca Pisciotta…”.

Lei in quante carceri ha soggiornato?
“Alessandria, Parma e alla fine a Livorno.
Complessivamente ho fatto 12 anni di carcere gratis”.

Non si ritiene colpevole di nulla?
“Zero. Le racconto una cosa, 30 marzo 1994: un maggiore della Dia, nome M. cognome M. mi dice: “Lei è un uomo informatissimo, ci deve raccontare di come portava le lettere di Fabiola Moretti (compagna di De Pedis, componente della banda della Magliana, coinvolto nel rapimento di Emanuela Orlandi-ndr) al senatore Andreotti, nel suo ufficio privato. Sa, fra poco esce la sentenza di Bologna, e noi la mettiamo a posto”. Io gli ho detto: “A me di Andreotti non importa niente. Il problema è che quel che lei mi chiede di ricordare non è vero”. Avevo il microfono addosso. Sa qual è la cosa comica? Che molti pensano che io sapessi di questo e di quell’altro e che non ho detto niente perché sono un duro. Non ho detto niente perché non sapevo. Capisce la differenza?”.

Quando è uscito dal carcere dove è andato?

“A casa dei miei genitori, comunque non è un problema ricominciare da capo”.

Cosa fa ora per sbarcare il lunario?
“Il consulente per transazioni internazionali. Sto trattando un cementificio in Africa”.

Come pensa di ricostruirsi una credibilità?
“La storia non è finita, sta cominciando il secondo tempo”.

Erano 25 anni che volevo incontrare il grande faccendiere. Una curiosità tutta personale, volevo vedere in faccia l’uomo che ha fatto da cerniera in tutti i misteri profondi di questo paese. Ci vuole grandezza anche per essere protagonisti di grandi drammi. Invece si incontrano delle comparse, figure che si dimenticano. Sembrano scelte apposta.

Cosa ricordo io di quel 2 agosto? Ero andata a prenotare delle cuccette. Nell’atrio tanta gente che andava e veniva, in un sabato di ferie, e i ragazzini che fanno sempre un gran casino, fra la biglietteria e il marciapiede del binario 1. L’immagine successiva non ha sonoro: è quella di un luogo irriconoscibile coperto dalla polvere. E poi il bianco di un lenzuolo che attraversa la città, appeso alle porte di un autobus. Per qualche anno, ho avuto paura tutte le volte che andavo in stazione. Da 15 anni prendo un treno tutte le settimane, vado di fretta, e non guardo mai lo squarcio coperto da un vetro, non guardo mai l’orologio fermo alle 10.25. Ogni anno il 2 agosto osservo da lontano la gente che si raduna per commemorare. Qualche volta mi viene da piangere.

(30 gennaio 2009)

Written by eneaminghetti

gennaio 30, 2009 at 9:30 am

>caterpillar -20000

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>

Caterpillar: taglia 20mila posti, -32% utile netto IV trim 2008
+0,45% l'utile netto nell'intero 2008

(Il Sole 24 Ore Radiocor) - New York, 26 gen - Caterpillar
ha annunciato 20mila tagli. Il gruppo Usa, specializzato nei
macchinari per le costruzioni, ha previsto che il 2009
"sara' molto difficile per l'economia mondiale". Nel quarto
trimestre 2008 Caterpillar ha accusato una flessione del 32%
dell'utile netto a 661 milioni di dollari verso un anno
prima e un utile per azione pari a 1,08 dollari (da 1,50 e
contro attese degli analisti di 1,29). Il fatturato e'
salito invece da 12,14 a 12,92 miliardi. Nell'intero 2008
l'utile e' salito lievemente (+0,45%) a 3,56 miliardi.
pal-Y-

Written by eneaminghetti

gennaio 27, 2009 at 4:11 PM

>La Philips taglia

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>

La Philips, tagliera’ 6 mila posti di lavoro dopo perdite trimestrali

Il gruppo olandese di elettronica Philips annuncia il taglio di 6 mila posti di lavoro, dopo aver annunciato la prima perdita trimestrale dal 2003. Il rosso nel quarto trimestre e’ di 1,5 miliardi di euro, contro un’attesa perdita netta di 1,2 miliardi di euro.

Il gruppo annuncia anche l’arresto del suo piano di buyback azionario e propone un dividendo annuale di 0,70 euro per il 2008, invariato rispetto all’anno precedente.

Royal Philips Electronics registra la prima perdita trimestrale in sei anni dopo le
svalutazioni delle quote in LG Display e Nxp. Nel quarto trimestre, la perdita e’ stata pari a 1,47 miliardi di euro, contro l’utile di 1,39 miliardi dello stesso periodo
dell’anno precedente.

Written by eneaminghetti

gennaio 26, 2009 at 8:56 am

>Tagli alla ING

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>

Terremoto alla Ing. Il Gruppo in rosso pronto a tagliare 7mila posti

Terremoto alla Ing, il gruppo di servizi finanziari olandese. L’amministratore delegato Michel Tilmant lascera’ la societa’, che chiudera’ il trimestre con la seconda perdita consecutiva, pari a 3,3 miliardi di euro. Lo riferisce un comunicato riportato da Bloomberg, in cui si annuncia anche il taglio di 7mila posti di lavoro nel 2009.

Ing annuncia che Tilmant lascera’ “alla luce degli sviluppi straordinari degli ultimi mesi e causa delle sue condizioni personali”. A succedergli sara’ il presidente del consiglio di
sorveglianza, Jan Hommen. “Nel quarto trimestre – dice la nota – le condizioni del mercato si sono ampiamente deteriorate, dando vita al peggior trimestre per il settore del credito in oltre mezzo secolo”

Stando ai risultati provvisori, nel 2008 il gruppo ha registrato una perdita netta di un miliardo di euro. La riduzione di organico rappresenta il 35% dei risparmi dei costi operativi.

Written by eneaminghetti

gennaio 26, 2009 at 8:55 am

Pubblicato su banche, crisi, finanza, finanziaria, ing, tagli

>Il problema dell’Italia

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>”Il problema dell’Italia è che non ha mai avuto una storia riformista: non c’è mai stato nulla di paragonabile a una Thatcher o a un Blair o a un Aznar”

Walter Veltroni, intervista al Sole 24 Ore, 21 gennaio 2009

Written by eneaminghetti

gennaio 22, 2009 at 2:10 PM

>Giulietto Chiesa su GAZA (1)

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>Palestina, un “guai ai vinti” lungo sessant’anni – 17/01/09

di Giulietto Chiesa

Non si può risalire alle cause, alle responsabilità più lontane. non adesso, mentre la gente, i bambini, muoiono a Gaza. Ma io vorrei risalire la corrente della logica, vorrei riportare le parole al loro significato, che invece cambia e si scolora mentre le ripetiamo. Dal 27 dicembre (in verità da molto più tempo) siamo sommersi da quasi-dogmi sui quali la nostra lingua s’inceppa.

«Israele ha diritto alla sua esistenza», leggiamo ogni giorno, sentiamo da ogni tribuna. Poi guardiamo le tremende immagini della sua potenza militare, i suoi F-16, i cannoni, gli elicotteri, i carri armati. Facciamo il conto della strage che hanno già fatto: oltre 1000 morti, 4000 feriti di cui 400 gravi o gravissimi. Un terzo sono bambini, la maggior parte sono civili. Dall’altra parte, da quelli che rivendicano il loro diritto all’esistenza e che vogliono essere protetti, non più di dieci vittime.

Triste contabilità, ma inevitabile, perché è la trave nell’occhio che mostra il divario tra Davide e Golia. Solo che Davide è il popolo palestinese. Ma allora chi è che ha «il diritto alla sua esistenza»?

Davvero c’è qualcuno che pensa che la gente di Gaza può minacciare la falange possente dei protettori di Israele, il cui principale è niente meno che l’America? Chi può credere, davvero, che l’esistenza di Israele sia minacciata? La lingua diventa di legno, o dovrebbe, a chi ripete queste parole.
Leggo, ad ogni passo, che Hamas “ha rotto la tregua”, e per questo è stata punita. Ma quale tregua? Non c’è mai stata nessuna “tregua”. Chi l’avrebbe negoziata, visto che Israele non ha mai voluto trattare con Hamas e viceversa? La verità è che Hamas aveva interrotto nel luglio, unilateralmente, il lancio dei suoi Kassam, nonostante il fatto che da 18 mesi Gaza fosse sottoposta da un blocco pressoché totale, oltre che illegale.

Poi la parentesi di calma si è interrotta. Chi ha le prove delle responsabilità? Nessuno, ma tutti dicono che è Hamas. Quindi, poiché Hamas sono i cattivi, devono essere puniti. I 300 bambini trucidati sono sufficienti, o ce ne vogliono altri 300? O, come si chiede Thomas Friedman su «International Herald Tribune» (14 gennaio), qual è lo scopo di Israele: « sradicare Hamas o rieducarla? ».

A colpi di mille morti a lezione.

Leggo che Tsahal, l’esercito di Israele, ha fatto migliaia di telefonate a Gaza. Dicono: andate via della vostra casa perché la bombarderemo. Grazie per l’avvertimento. Ma dove andare? Gaza si chiama striscia perché è un fazzoletto di terra. E Hamas è il vincitore delle uniche elezioni democratiche di Palestina. Quanti devono essere puniti per avere votato Hamas? Ovvio: la maggioranza. Questa sì che è democrazia! Comunque dove cadono le bombe? Dal numero e dalla qualità dei morti si direbbe che cadono dove si vuole che cadano.

Sessantuno anni fa, nel 1948, quando i “filistei” erano solo la metà di quelli di oggi, sullo stesso territorio, e Al Fatah, e Hamas, erano ancora di là da venire, Ben Gurion diceva allo Stato Maggiore Generale: «Dobbiamo usare il terrore, l’assassinio, l’intimidazione, la confisca dei beni, il taglio di tutti i servizi sociali per liberare la Galilea dalla sua popolazione araba». Non c’erano colpevoli o innocenti da distinguere. E’ accaduto sistematicamente in questi anni, adesso sta accadendo di nuovo, sotto i nostri occhi. Ma noi abbiamo perduto le parole per descriverlo.

Le parole più chiare le disse invece Sharon di fronte al parlamento di Tel Aviv il 4 marzo 2002, ma nessuno sembra ricordarsele: «I palestinesi devono soffrir ancora molto di più, fino a che si rendano conto che non otterranno niente con il terrorismo. Se non si rendono conto di essere stati vinti noi non potremo tornare al tavolo del negoziato».

Qui non si parla di Hamas, si dice “palestinesi”. I “palestinesi” hanno votato Hamas proprio perché Israele ha spiegato loro, in questi sessantuno anni, che per altra via non possono ottenere nulla.

Written by eneaminghetti

gennaio 20, 2009 at 2:05 PM

Pubblicato su chiesa, gaza, guerra, israele, pace, palestina

>Giulietto Chiesa su GAZA (2)

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>Ai tempi di Gaza non sapevamo di vivere ai tempi di Gaza – 18/01/09

Scrive Gad Lerner su Repubblica: “ecco perchè non possiamo tollerare come un dettaglio marginale (…) il rituale della preghiera islamica posto a sigillo delle manifestazioni indette con finalità di protesta politica”. Lui “non può tollerare”. Se avessero bruciato bandiere, anche, non avrebbe tollerato. Lui non tollera la parola “martiri”.

Pregano. Cos’altro potrebbero fare? E dovrebbero anche nascondersi, per farlo? Pregano perchè l’ingiustizia e la violenza cui sono soggetti non ha redenzione in questo nostro mondo dove la giustizia e la verità sono state cancellate.
Pregano e dovremmo ringraziare il nostro dio finchè si limiteranno a pregare.
Pregano perchè non c’è redenzione per le loro sofferenze.
Pregano perchè non c’è via d’uscita quando il più forte t’impone la sua bugia, e se ti ribelli ti uccide. E non ti lascia nemmeno la possibilità di gridare il tuo dolore perchè, se ti lamenti, sei antisemita. E dunque non ti resta che invocare il tuo dio. Appena prima di meditare la vendetta.
Non gli resta che Allah.

A questo li abbiamo ridotti, Lerner, e tu ne porti una parte di responsabilità, per le cose che scrivi.
Ieri, alla manifestazione, c’era un giovane che gridava soltanto una cosa: “Palestina, terra mia”, e piangeva. Non l’ha intervistato nessuno, ma il suo pianto mi è rimasto nelle orecchie. Non c’è tribunale, in occidente, che gliela ridarà, la sua Palestina.

La seconda riflessione la prendo da Alessandro Robecchi, sul Manifesto di oggi. Insieme alla sua tristezza. Ricorda, a chi non se ne fosse accorto, le parole di Lucia Annunziata ad Anno Zero: “ma qui siamo italiani e dobbiamo orientare il pensiero degli italiani”.
Voce dal sen fuggita. Vale di più questa ammissione che tutto il resto dello spettacolo. Questo è il giornalismo italiano e la Annunziata, che vi ha fatto abbondante carriera (ed è certo che continuerà a farcela), ne è la bandiera.

Informare? Che c’entra? avrebbe detto Goebbels. Bisogna orientarle le masse.

Ho letto di recente una citazione di Giuseppe Fava, ucciso dalla mafia: “Il giornalista incapace per vigliaccheria, o per calcolo, si porta sulla coscienza tutti i dolori umani che avrebbe potuto evitare e le sofferenze e le sopraffazioni che non è stato capace di combattere”.

Viene in mente un aforisma di Hans Magnum Enzensberger: “Ai tempi del fascismo non sapevamo di vivere ai tempi del fascismo”.
Gaza è il nostro tempo, e noi non siamo capaci di dircelo.

Written by eneaminghetti

gennaio 20, 2009 at 2:04 PM

>Olmert chiama Bush

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>GAZA: OLMERT CHIAMO’ BUSH PER OTTENERE ASTENSIONE USA ALL’ONU =
(AGI/REUTERS) – Gerusalemme, 13 gen. – Sarebbe stata il
risultato di una chiamata fatta in extremis dal premier
israeliano ad interim, Ehud Olmert, al presidente Usa, George
W. Bush, l’inattesa astensione degli Stati Uniti nella
votazione sulla risoluzione Onu di giovedi’ scorso per il
cessate-il-fuoco nella Striscia di Gaza e il ritiro delle forze
d’Israele dall’enclave palestinese: la mossa americana impedi’
di raggiungere l’unanimita’ in seno al Consiglio di Sicurezza
delle Nazioni Unite, anche se non blocco’ l’adozione del
provvedimento. L’esito del voto al Palazzo di Vetro e’ stato
rivendicato dallo stesso Olmert in persona nel corso di un
comizio. “Quando, per ragioni che non abbiamo in realta’
compreso, ci rendemmo conto che il segretario di Stato
americano Condoleezza Rice intendeva votare a favore della
risoluzione, cercai subito il presidente Bush. Mi fu risposto
che si trovava a Filadelfia per una conferenza”, ha raccontato
il primo ministro dello Stato ebraico, “ma io ribattei ‘Non
m’importa, debbo parlare con lui adesso’. Lo fecero scendere
dalla tribuna degli oratori, lo condussero in un’altra stanza,
e cosi’ potei comunicare con lui. Gli dissi ‘Non potete votare
a favore di quella risoluzione'”, ha proseguito Olmert, “e lui
mi rispose ‘Guarda, io non ne so nulla, non ho visto il testo,
non sono a conoscenza di come sia formulato'”.
Stando al premier israeliano, mancavano appena una decina di minuti alla
votazione all’Onu. La sua replica fu: “Io invece si’, e voi non
potete votare a favore”. A quel punto il presidente Usa uscente
cedette e “comunico’ un ordine al segretario di Stato”, che
“non voto’ per la risoluzione” malgrado, ha sottolineato ancora
Olmert, essa “fosse stata inventata, redatta, allestita e
negoziata proprio da lei”. Rice “ci rimase davvero male”, ha
concluso, e tuttavia “si astenne da una risoluzione che pure
aveva messo a punto”. Il provvedimento passo’ lo stesso, anche
se poi rimase inascoltato giacche’ tanto Israele quanto i
radicali palestinesi di Hamas lo bocciarono: infatti a Gaza le
ostilita’ proseguono tuttora, per il diciottesimo giorno di
fila.
Dopo la votazione il capo della diplomazia di Washington
cerco’ di minimizzare l’improvviso voltafaccia, seguito a
febbrili negoziati tra membri occidentali e arabi del Consiglio
di Sicurezza, affermando che gli Stati Uniti “appoggiavano la
risoluzione” pur senza averla votata, e che “attendevano
l’esito della mediazione egiziana” in corso, come via per
renderne concreta l’attuazione. (AGI)

Written by eneaminghetti

gennaio 13, 2009 at 9:51 am

Pubblicato su bush, gaza, guerra, israele, olmert