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>Il partito democratico contro la FIOM
Pd, lettera a Zavoli: “Troppa Fiom nell’informazione su Pomigliano”
Lettera al Zavoli da alcuni senatori Pd: “L’informazione in Rai è sbilanciata. Troppo spazio alla Fiom nella trattativa con la Fiat”. Adelante, companeros!
Uno col cappello di cartone sulla testa legge una lettera del Pd, e ci legge: “Caro Presidente, è nostro dovere segnalarLe una palese mancanza di rispetto circa l’informazione“. Incontenibile. Impossibile non fremere. Le mani stringono lo strumento infernale, pronte a far festa: vuoi vedere che..
Uno continua a leggere. “L’informazione sul mondo sindacale nella sua interezza da parte di tutti i principali telegiornali RAI e in particolare del TG3 nell’informare sull’accordo alla FIAT di Pomigliano“. Ah, vabè, uno dice. Non riassume esattamente proprio tutto il cancro del quale la tv di stato soffre, ma ok. E’ vero. I media si sono sbilanciati parecchio, in questi giorni, sul referendum. Legge…
Uno sta, come quando un vecchietto mite, col berretto, viene umiliato: il vecchietto prende il copricapo, lo porta a sè con entrambe le mani, abbassa la testa. Intanto ascolta la ramanzina. O, al limite, continua a leggere la nota dei senatori Pd.
Comunque eccoli, per chi li stesse cercando. Sono i compagni del Pd, quelli di Gifuni. Quelli che hanno firmato questa lettera che – ne siamo certi – farà tremare i potenti, gli arroganti, gli impostori e i subdoli governi travestiti da piscina traboccante di analcolico biondo. Eccoli, in ordine sparso, i nostri eroi: Benedetto Adragna, Emanuela Baio, Franca Biondelli, Carlo Chiurazzi, Lucio Alessio D’Ubaldo, Mariapia Garavaglia, Antonino Papania e Paolo Rossi. Adelante!
U‘
>Via Giorgio Almirante, terrorista
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Via Giorgio Almirante, terrorista
Gennaro Carotenuto,
Domenica 25 Maggio 2008, 13:13
In molti hanno scritto dell’Almirante antisemita e dell’Almirante massacratore repubblichino e ci vuole un tir di Maalox (o lo stomaco di Veltroni, “nulla fermerà il dialogo con il PDL”) per mandarlo giù.
Ben pochi invece si sono soffermati sul fatto che Giorgio Almirante fu amnistiato solo perché ultrasettantenne dal reato di favoreggiamento aggravato agli autori della strage di Peteano, nella quale tre carabinieri furono fatti saltare in aria.
Giorgio Almirante, il grande statista al quale Gianfranco Fini rende omaggio e Gianni Alemanno vuol dedicare una strada romana, per la legge italiana è però un terrorista complice dell’assassinio di tre carabinieri. Ecco tutta la storia.
Il 31 maggio 1972, in Peteano di Sagrado, in provincia di Gorizia, mentre in televisione trasmettevano Inter-Ajax, morirono dilaniati in un attentato il brigadiere Antonio Ferraro di 31 anni e i carabinieri Donato Poveromo e Franco Bongiovanni di 33 e 23 anni. Rimasero gravemente feriti il tenente Francesco Speziale e il brigadiere Giuseppe Zazzaro.
Nonostante i morti fossero tre poveri carabinieri (nella foto), immediatamente una cortina di depistaggi fu elevata per coprire i responsabili. Come per Piazza Fontana si diede per anni la colpa ai rossi; la strategia della tensione serviva per quello e funzionava così.
Tra i principali depistatori vi fu il generale Dino Mingarelli, condanna confermata in Cassazione nel 1992 per falso materiale ed ideologico e per soppressione di prove, e il generale piduista Giovanbattista Palumbo, che all’epoca era comandante della divisione Pastrengo di Milano e che aveva competenza su tutto il Norditalia, che inventò la pista rossa di sana
pianta. Per difendere gli assassini di tre carabinieri due dei maggiori in grado dell’arma delle vittime, per anni ne fecero di tutti i colori, manomettendo e facendo sparire le prove, come si legge nelle sentenze e come racconta benissimo il giudice Felice Casson in un libro intervista che
uscirà in futuro.
La strage avvenne a 15 giorni dall’omicidio Calabresi e tre settimane dopo le elezioni politiche del 7 maggio nelle quali l’MSI era cresciuto fino all’8.67%, massimo storico e ad un passo dal PSI. I colpevoli materiali della strage, condannati all’ergastolo con sentenza definitiva, erano gli iscritti all’MSI friulano Carlo Cicuttini e Vincenzo Vinciguerra insieme ad Ivano Boccaccio, ucciso pochi mesi dopo i fatti in uno strano tentativo di dirottamento aereo all’aeroporto di Ronchi dei Legionari, in ottobre. Con Peteano c’entrano tutti, i vertici dei carabinieri, l’MSI (al quale erano iscritti tutti i terroristi) la P2, Gladio, i servizi italiani e la CIA nel pieno della strategia della tensione. Destabilizzare per stabilizzare.
Per trappolare la 500 di Peteano furono usati materiali di Gladio conservati ad Aurisina e tecniche che venivano insegnate alla Folgore a Pisa. Risoltosi il problema di Boccaccio, restavano Cicuttini e Vinciguerra. Abbiamo già detto che la strategia della tensione serviva a destabilizzare per stabilizzare e proprio l’MSI la stava capitalizzando, come il voto del 7 maggio aveva appena dimostrato. E quindi i camerati andavano salvati. E qui interviene il nostro. Dopo la morte di Boccaccio a Ronchi, Vinciguerra e Cicuttini, segretario dell’MSI a San Giovanni a Natisone, in provincia di Udine, che faceva i comizi con Giorgio Almirante, nonostante non fossero
ancora stati inquisiti per Peteano (le piste fasulle staranno in piedi per anni), si erano comunque resi latitanti. Latitanza dorata nella Spagna di Francisco Franco, dove il loro punto di riferimento era Stefano delle Chiaie e dove con questo si dedicavano al traffico d’armi. Cicuttini sposò perfino
la figlia di un generale. C’era un solo punto debole del piano: la voce di Cicuttini registrata sia nei comizi dell’MSI sia nella telefonata con la quale Cicuttini attira i carabinieri nella trappola a Peteano.
E fu proprio Giorgio Almirante, il fascista in doppio petto, quello
rispettabile, quello con il senso dello Stato, a proteggere l’autore della
strage di Peteano fino a mandargli 34.650 dollari statunitensi in Spagna
proprio per operarsi alle corde vocali. Ciò è processualmente provato.
Almirante consegnò personalmente i soldi all’avvocato goriziano Eno Pascoli che li fece avere a Cicuttini a Madrid, via Svizzera. Almirante e Pascoli,
incriminati per favoreggiamento dell’autore della strage di Peteano furono
rinviati a giudizio insieme. Ma mentre Pascoli sarà condannato, la condanna
di Almirante seguirà un corso diverso. Il capo dell’MSI godeva infatti
dell’immunità parlamentare dietro la quale si trincerò perfino per evitare
di essere interrogato. La tirò avanti per anni di battaglie nelle quali non
fu mai in dubbio la sua colpevolezza, finché non intervenne un’amnistia
praticamente ad personam, della quale beneficiava solo in quanto
ultrasettantenne. Giorgio Almirante, l’uomo d’ordine, dovette chiedere per
sé l’amnistia perché il dibattimento lo avrebbe condannato e ne beneficiò
(mentre il suo complice fu condannato) per il reato di favoreggiamento
aggravato degli autori (militanti e dirigenti del suo partito) di un
attentato terroristico nel quale vennero uccisi tre carabinieri. Non si
parla di violenza politica o di strada, di giovani di destra e sinistra che
si fronteggiavano e a volte si ammazzavano; stiamo parlando del peggiore
stragismo. Dedichiamogli una strada, lo merita: Via Giorgio Almirante,
terrorista.
>Articoli su cosa rossa
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Cosa rossa
Ieri ha battuto un colpo un gruppo di parlamentari e sindacalisti di Sinistra democratica. Segnalando «luci e ombre» degli stati generali della sinistra. Più le ombre, a dire il vero. «O cambiamo registro tutti, sinistra compresa, oppure saranno inevitabilmente altri a prendere nelle proprie mani le chiavi del governo e del futuro del paese», dice il documento.
I firmatari pongono sei «snodi» (dai rifiuti di Napoli al conflitto fra politica e magistratura, dalla questione sociale ai conti pubblici, dalla legge elettorale alla legalità) alla discussione del prossimo direttivo del 25 gennaio. Ma le questioni dirimenti sono due: primo, lo stallo del cammino della sinistra unita. «La forma federativa sta stretta: è una soluzione tattica più che un impegno strategico, che viene rimarcata dalle divisioni sulla riforma elettorale». Secondo, ma cruciale, il rapporto con il mondo del lavoro. «Si impone una nuova politica di concertazione, un patto con il mondo del lavoro e con il sindacato. Troppo spesso, infatti, il governo viene vissuto non come occasione politica importante di scelta strategica, ma come campo di battaglia conflittuale». Insomma troppo «spirito rivendicativo» nella verifica, con «il rischio di rotture minoritarie».
La critica è al legame, percepito come esclusivo, della Cosa rossa con la Fiom. Fra i firmatari ci sono infatti i segretari nazionali della Cgil Carla Cantone, Morena Piccinini e Paolo Nerozzi, il segretario della Cgil Scuola Enrico Panini, il segretario della Funzione pubblica Cgil Carlo Podda; il segretario della Cgil Lazio Walter Schiavella e il presidente dell’Inca nazionale Raffaele Minelli. E poi alcuni deputati, il sottosegretario Famiano Crucianelli, l’economista Paolo Leon, il giurista Felice Besostri. «Il rapporto con il lavoro è una scelta strategica. E non si può fare senza partire da un rapporto forte con i sindacati, con la Cgil soprattutto», spiega Nicola Manca, uno dei firmatari.
Nel documento si affronta anche il tema della collocazione internazionale. La «naturale collocazione» della sinistra arcobaleno «è «nel Pse», quel Pse a cui il Pd non può aderire e che quindi è un territorio di interlocutori e alleanze che non dovrebbero andare disperse. La differenze con il Prc, il principale azionista dell’arcobaleno, non sono da poco. Su tutto tranne che sulla legge elettorale, che però è il vero scoglio su cui si stanno infrangendo – almeno per ora – i sogni unitari. «Pdci e verdi non accettano la bozza Bianco? Posto che il referendum va scongiurato a tutti i costi, loro quale alternativa propongono?», ragiona ancora Manca.
Separati nella Casa rossa, i quattro partiti continuano comunque il loro cammino di iniziative comuni. Oggi a Roma verrà presentata una campagna contro le testate nucleari in Italia. Una legge di iniziativa popolare che sarà lanciata da Franco Giordano, Manuela Palermi, Fabio Mussi e Angelo Bonelli per chiedere di non ospitare le 90 testate nucleari presenti nel nostro paese nelle basi Nato di Aviano e Ghedi. Su questo i quattro sono d’accordo. E anche su altro. Purché nessuno dica legge elettorale.
>Ancora Occhetto
>SD: OCCHETTO ADERISCE PER COERENZA CON LA SVOLTA, MUSSI ONORATO =
Roma, 14 dic. (Adnkronos) – “Ci troviamo qui per riprendere un cammino, io ritrovo la parte importante del partito che insieme abbiamo fondato”. Achille Occhetto ha formalmente aderito a Sinistra democratica: “Un elemento di continuita’ rispetto a un percorso, una scelta coerente con la svolta”, ha spiegato l’ultimo segretario del Pci motivando la sua decisione: “A nessuno sarebbe mai venuto in mente che la sinistra dovesse sparire dalla vita politica italiana. In passato ci siamo anche scannati, ma tra di noi c’e’ sempre stato un filo rosso: la sinistra. Oggi la novita’ e’ che si vuole rompere quel filo rosso, si vuole cancellare la sinistra come e’ accaduto in America”.
Occhetto non e’ stato tenero con il Walter Veltroni e il Pd, definito come una “fusione di apparati”: “Veltroni ha fatto tutta la sua campagna elettorale per il Pd dicendo che senza Occhetto non saremmo qui. Ma quello che non funziona e che io non sono li’, ma sono
qui”. Oggi, ha spiegato ancora l’autore della svolta della Bolognina, “siamo di fronte a una questione di vita o di morte per la sinistra.
Quello che ci aspetta e’ un compito arduo, l’unita’. Anche io credo che oggi a sinistra deve essere rosso-verde, ma la nostra ambizione e’ quella di avere La sinistra, senza aggettivi”.
Fabio Mussi, leader di Sd, si e’ detto “onorato” dell’adesione:
“Occhetto fu interprete di una ipotesi innovativa in un periodo in cui venne messo in campo un lavoro politico straordinario. Certo non pensavamo, allora, che l’approdo della svolta dovesse essere una nuova formazione centrista”. Il ministro della Ricerca ha spiegato che a
sinistra si deve puntare a “un soggetto nuovo, forte, radicato, che superi la frammentazione per rispondere a chi pensa che la parola sinistra debba sparire dal lessico politico italiano”. Per questo, quello di Occhetto “sara’ un contributo per pensare questo prodotto di prima grandezza”.
>Intervista a Gianni Rinaldini sui tragici incidenti sul lavoro di Torino
>“L’isolamento dei lavoratori è un fatto. Ora tutti scoprono che gli operai esistono, ma fino all’altro ieri ci dicevano che eravamo troppo conflittuali”.
Clicca qui per leggere l’intervista.